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mercoledì 20 gennaio 2010

La fine delle chiacchiere di Obama

Pubblico un articolo che ha scritto Paul Krugman, economista liberal premio nobel per l'economia 2008, pubblicato dalla Repubblica il 20 gennaio 2010 ed il secondo . Ieri il presidente Obama ha subito una grande sconfitta in Massachusetts, dove i repubblicani hanno strappato il seggio che per 60 anni è stato roccaforte dei democratici e dei Kennedy con una vittora pari al 52%. E' la terza sconfitta consecutiva (New Jersey e Virginia) che i democratici subiscono da quando Mr. Obama è presidente degli Stati Uniti. Obama perde consensi, secondo il Washington Post il 15% dei consensi in un anno. Non sta a me o a voi giudicare ma è risaputo che gli americani non vogliono la riforma sanitaria di Obama, non vogliono farsi curare dallo Stato perchè temono la "socializzazione" della loro vita. Chi ha avuto modo di leggere il mio blog sa che non amo Obama. Diciamo la verità, ha avuto il premio nobel per la pace (per aver fatto cosa?) e continua a fare la guerra in Iraq, in Afghanistan, in Pakistan (è tutta sua quest'ultima) e chi più ne ha più ne metta sotto il silenzio imbarazzante dei pacifisti, che guarda un pò, sono rumorosi solo quando al governo ci sono i repubblicani!. Obama ha preso il nobel dalla pace solo perchè è nero, diciamo la verità. Obama mi sta antipatico, perchè sta sempre nelle televisioni a chiacchierare, a parlare, a dire fesserie. Obama è solo una star, un logo, una bufala. Con un immenso populismo annuncia misure (inutili e controproducenti) per "punire" le banche quando poi si scopre che Obama è stato il candidato più finanziato alle elezioni politiche da Wall Street, si scopre che G.Soros, il capitalista miliardario senza morale che ha fatto miliardi con il crack del 1997 dell'Oriente, ha finanziato Mr. Obama, insieme a Brzezinski, a Murdoc lo squalo, e tanti altri. Io non sopporto i falsi moralisti, categoria rappresentato da Obama che è il classico tipo incoerente, che appare come il democratico sorridente amico del popolo, ed in realtà nei fatti è tutto il contrario. Gli americani hanno fatto bene a votarlo secondo me, perchè la presidenza Bush è stata fallimentare e ora fanno altrettanto bene a mandarlo a casa, perchè lui non è adatto a governare il Paese. Grazie a Dio, gli americani hanno una bella mentalità antistatalista e per il mercato, hanno una grande cultura, quella del merito e dei fatti, non delle chiacchiere. Ma veniamo a ciò che ha scritto Krugman:


Da "LA REPUBBLICA" di mercoledì 20 gennaio 2010
CARO OBAMA IMPARA DA REAGAN PAUL KRUGMAN

NEGLI ultimi tempi molta gente ha iniziato ad analizzare la strategia politica dell`Amministrazione Obama. L'opinione comunemente condivisa è che il presidente Barack Obama abbia cercato di fare troppe cose, e in particolare che avrebbe dovuto accantonare la riforma del servizio sanitario per concentrarsi sull`economia.
Non sono d`accordo. I problemi dell`amministrazione Obama non sono riconducibili a un eccesso di ambizione, ma a errori politici veri e propri e a errori di valutazione della politica. Gli incentivi all`economia, il cosiddetto "stimolo", erano troppo esigui; la politica adottata nei confronti delle banche non è stata sufficientemente dura; e infine Obama non ha fatto ciò che fece Ronald Reagan all`inizio del suo mandato, ovvero mettersi al riparo da ogni critica spiegando e ricordando che la colpa di ciò che non andava era delle precedenti amministrazioni.
Per quanto riguarda lo stimolo: di sicuro ha giovato. Senza di esso la disoccupazione sarebbe stata molto più elevata di quanto non sia. Ma il programma dell`amministrazione indubbiamente non è stato sufficientemente grande per creare posti di lavoro nel 2009.
Perché dunque il piano di stimoli è stato così poco consistente? Alcuni economisti (incluso il sottoscritto) avevano esortato a varare un piano considerevolmente più sostanzioso di quello che l`Amministrazione ha finito col proporre. Secondo Ryan Lizza del New Yorker, tuttavia, nel dicembre 2008 i più intimi e illustri consiglieri economici e politici di Obama avevano concluso che un piano diincentivi più grande non fosse né economicamente né necessariamente fattibile.
La loro analisi politica può essere corretta, ma può essere anche sbagliata; indubbiamente, in ogni caso quella riguardante l`economia non lo è stata. A prescindere dalle ragioni che hanno condotto a questo errore di valutazione, tuttavia, non si è trattato di una mancanza di concentrazione sul problema: alla fine del 2008 e all`inizio del 2009 l`Amministrazione Obama si è occupata di ben altro. L`amministrazione, insomma, non era distratta: era semplicemente in torto.
Lo stesso vale per la politica adottata nei confronti delle banche.
Alcuni economisti difendono la decisione dell`Amministrazione di non scegliere una linea più dura con le banche, sostenendo che esse stanno recuperando pian piano e stanno tornando a una certa buona situazione finanziaria. Il fatto è però che l`approccio della linea morbida nei confronti del settore finanziario ha ulteriormente arroccato quelle stesse istituzioni che avevano provocato la crisi, pur non riuscendo a rimettere in moto i prestiti: le banche salvate in extremis stanno riducendo e non aumentando i bilanci dei prestiti.
Questo ha comportato conseguenze a dir poco disastrose dal punto di vista politico: l`Amministrazione si è messa dalla parte del torto rispetto alla collera della popolazione per i salvataggi in extremis e i megabonus ai dirigenti.
Infine, veniamo all`ultimo aspetto: è istruttivo mettere a confronto la posizione dialettica di Obama nei riguardi dell`economia rispetto a quella assunta da Ronald Reagan. Adesso non tutti lo ricorderanno, ma di fatto la disoccupazione aumentò fortemente dopo gli sgravi fiscali del 1981 voluti da Reagan. Egli, tuttavia, aveva sempre pronta la risposta giusta per chi lo criticava: il fatto che qualcosa stesse andando male dipendeva esclusivamente dalle politiche sbagliate del passato. Di fatto, Reagan trascorse i primi anni del suo mandato continuando a fare campagna elettorale contro Jimmy Carter.
Obama avrebbe potuto fare la stessa cosa e - secondo me - sarebbe stato estremamente più giusto. Avrebbe potuto sottolineare, e anche ripetutamente, che i problemi tuttora presenti che affliggono l`economia americana sono l`esito di una crisi finanziaria nata e sviluppatasi durante l`amministrazione Bush, che a sua volta è riconducibile almeno in parte al rifiuto da parte della medesima Amministrazione Bush di imporre normative più rigide alle banche.
Obama non ha fatto nulla del genere. Forse sta ancora sognando di poter ricomporre il grande divario tra i partiti; forse teme la collera dei sapientoni che considerano inelegante accusare i propri predecessori per i problemi che si hanno - quando si è democratici.
(Va bene, invece, se si è repubblicani). Quale che sia il motivo di ciò, Obama ha lasciato che l`opinione pubblica dimenticasse, con eccessiva rapidità, che i problemi economici non hanno avuto inizio sotto la sua presidenza.
Ma allora: come collocare in questo contesto le lamentele perla sua agenda eccessivamente fitta? L`Amministrazione avrebbe effettivamente potuto apportare una correzione in corso alla politica economica, se non fosse stata impegnata a combattere le battaglie per l`assistenza sanitaria? Probabilmente no. Uno dei capisaldi sui quali si reggeva la tesi di coloro che premevano per un piano di stimoli all`economia molto più consistente era che non ci sarebbe stata una seconda occasione:
se la disoccupazione fosse rimasta alta- così avevano messo in guardia-la gente avrebbe potuto concludere che il piano di stimoli non funzionava proprio; non che sarebbe stato necessario renderlo molto più consistente. E così è stato.
E altresì importante tenere bene a mente quanto stia a cuore alla base democratica l`importante riforma dell`assistenza sanitaria.
Alcuni attivisti sono rimasti delusi dai compromessi fatti per portare un disegno di legge al Senato - ma sarebbero rimasti enormemente più delusi qualora i democratici avessero semplicemente rinviato l`intera faccenda.
Fare politica dovrebbe voler dire qualcosa di più che vincere le elezioni. Anche se la riforma dell`assistenza sanitaria porterà a perdere qualche voto democratico (cosa del resto discutibile), è la cosa giusta da fare.
Che fare in seguito, però? A questo punto Obama probabilmente non potrà far molto per creare nuovi posti dilavoro. Potrà, in ogni caso, esercitare una grossa pressione per riformare il settore finanziario e cercare di rimettersi dalla parte giusta della barricata, rispetto a un`opinione pubblica adirata, presentando i repubblicani per quello che sono: nemici della riforma.
Nel frattempo, i democratici dovranno fare tutto ciò che è in loro potere fare per promulgare una legge sull`assistenza sanitaria.
Approvare tale legge non sarà la loro salvezza politica, ma di sicuro non farla approvare equivarrà per loro ad andare incontro a un funesto destino politico.


Copyright 2010 The New York Times Traduzione di Anna Bissan. RIPRODUZIONE RISERVATA CARO OBAMA IMPARA DA REAGAN

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