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domenica 8 novembre 2009

La caduta del muro di Berlino

Non sono mai stato troppo bravo a festeggiare quando ho raggiunto traguardi che consideravo
importanti. Non lo so il perchè, questione di mentalità. Una volta che hai raggiunto un traguardo, c'è sempre qualche nuovo obiettivo da raggiungere. Anche in questo caso conserverò la mia abitudine. Mi chiedo come ricordare i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino. E soprattutto, a chi dedicare questa vittoria, che ha rappresentato il trionfo del bene sul male, il trionfo della democrazia sulla dittatura. La caduta del comunismo per me ha rappresentato il dono più bello che il Signore poteva farci. Noi che viviamo in una società libera non riusciamo, non possiamo capire fino in fondo cosa significa vivere in un regime anti-democratico. E ciò vale sia per l'Unione sovietica, per Cuba, per la Cina e sia per la Germania nazista e l'Italia fascista: le dittature non hanno colori. Non possiamo capire il terrore di coloro che hanno vissuto (e che ancora oggi vivono!) nei Paesi dove regnano le dittature. E soprattutto, non dobbiamo scordarci di chi ha lottato e di chi è caduto per la nostra libertà. Perchè la libertà è un pò come quando stiamo bene: comprendiamo l'importanza della salute solo quando ci ammaliamo. La caduta dell'impero del male ha rappresentato la vittoria della libertà e della democrazia. La mia gratitudine va all'artefice della vittoria contro il comunismo: Ronald Reagan. Grazie alle sue geniali politiche è riuscito a vincere la guerra fredda senza sparare un colpo: un eroe. Ma la sua vittoria, la nostra vittoria, voglio dedicarla a tutti coloro che con violenza ed umiliazione sono stati assassinati dai regimi comunisti. Potrei a questo punto farvi l'elenco e presentarvi le immagini, ma non lo farò perchè non è necessario e perché ho molto rispetto per coloro che sono morti. Per tornare al mio carattere particolare nel festeggiare i successi, d'altra parte anche Reagan, una volta caduto il muro, ha lasciato che i buffoni si prendessero il merito e come ho ricordato nel precedente post, a chi gli domandava del perchè non appariva in tv a festeggiare e a prendersi gli applausi della gente, rispondeva alzando le spalle e sorridendo, e mentre Bush e Gorbaciov passeggiavano per le strade a sventolare le bandiere della libertà, Reagan stava a casa, a farsi un bel bicchiere di vino bianco e a guardare compiaciuto la televisione e con l'umiltà e la riservatezza, qualità tipiche dei grandi uomini, di coloro che preferiscono agire piuttosto che fare populismo. Il comunismo (si spera!) è morto ormai, ma dobbiamo rimanere vigili perchè la storia si ripete e perchè il male è sempre in agguato pronto a sfruttare le debolezze della nostra società per rinascere. Il migliore antidoto contro i criminali comunisti e contro le derive estreme è semplicemente quello di continuare a garantire, mediante il buon governo, alla gente che l'unico sistema che noi conosciamo per distribuire per la maggior parte ricchezza e potere è la democrazia liberale. Ma per fortuna (dopo un pò di tempo!) quasi tutti lo abbiamo capito e la nostra battaglia è stata vinta. Buona festa della libertà, che Dio ci benedica!

Pubblico un'intervista che il professor Gaddis, storico e professore a Yale, ha rilasciato alla Stampa in data 07 novembre 2009:

Le rivoluzioni talvolta colgono di sorpresa

Era successo in Francia nel 1789, è accaduto di nuovo 200 anni dopo nell’Est Europeo: nessuno si aspettava che il Muro venisse giu’ cosi’ in fretta”. John Lewis Gaddis ha dedicato un’esistenza a studiare il Muro di Berlino e le ragioni che lo avevano fatto erigere. Ma 20 anni fa anche il professore di Yale - incoronato dal New York Times come “il decano degli storici della Guerra Fredda” - rimase spiazzato dagli eventi. E oggi agli studenti che affollano i suoi corsi nel prestigioso campus americano spiega una teoria presa in prestito dalla fisica: la storia a volte si comporta “come un mucchio di sabbia che continua a crescere, e nessuno sa qual e’ il granello che a un certo punto fara’ crollare tutto”. Gaddis, uno dei massimi storici della Guerra Fredda al mondo, due decenni dopo la caduta della cortina di ferro propone una chiave di lettura degli eventi che mette in primo piano il ruolo dei protagonisti degli anni Ottanta. Dopo oltre 30 anni di un copione sempre uguale, spiega a La Stampa.it , sulla scena di quella drammatica rappresentazione teatrale che fu la Guerra Fredda salirono “un cast di attori insoliti, che avevano in comune il fatto di rifiutare che quello stato di cose fosse destinato a restare in eterno: Reagan, Thatcher, Giovanni Paolo II, Havel, Walesa, anche Deng Xiaoping e Gorbaciov. Sono loro che hanno posto le basi per quello che e’ accaduto nel 1989”. Una storia che secondo Gaddis offre insegnamenti per l’oggi (per esempio per Barack Obama, “che fa troppi discorsi, dovrebbe imparare da Reagan: pochi ma decisivi”), ed e’ in buona parte ancora da finire di scrivere: “Gli archivi americani e occidentali non saranno pienamente consultabili che tra 10-15 anni, quelli del Vaticano forse tra 500. Sappiamo assai di piu’ sui paesi dell’Est, che hanno aperto tutti gli archivi, che su quello che e’ avvenuto dietro le quinte nelle capitali europee occidentali o a Washington”.

Professore, gli eventi dell'autunno 1989 spiazzarono anche lei?

Completamente. Tre anni prima avevo scritto un saggio su The Atlantic intitolato 'Come potrebbe finire la Guerra Fredda'. La mia ipotesi era che Usa e Unione Sovietica avrebbero dato vita con il tempo a una relazione sempre piu' stabile e una mattina si sarebbero svegliati dicendo: 'Questa non e' piu' la Guerra Fredda, e' il nuovo sistema internazionale'. Immaginavo che ci saremmo abituati all'idea di un'Europa divisa e al Muro di Berlino come cose 'normali'. Mi sbagliavo.

Perche' paragona il 1989 alla rivoluzione francese del 1789?

Perche' anche allora nessuno percepi' con chiarezza quello che stava per accadere. La Francia era la nazione piu' ricca d'Europa, il sistema appariva stabile, e l'idea che l'aristocrazia potesse collassare per effetto di una rivoluzione era impensabile. L'Unione Sovietica aveva costruito per decenni un sistema altrettanto stabile, e pensare che in meno di un anno potesse cadere... E invece... Invece anche nella storia, come nella fisica, esiste il concetto di massa critica: puoi continuare a costruire, ma non sai qual e' il momento in cui un minimo peso in piu' fara' crollare tutto. L'Unione Sovietica lo scopri' nel 1989.

Lei spiega la fine della Guerra Fredda ponendo l'accento sul ruolo degli "attori insoliti" in scena in quegli anni. Cosa intende?

Negli anni '70 aveva acquistato spessore la tesi secondo la quale la Guerra Fredda era una condizione permanente. Era l'idea dietro la distensione di Nixon e Kissinger, era la base dell'Ostpolitik di Willy Brandt. Ma la distensione lasciava molti insoddisfatti: poteva rendere il mondo piu' sicuro rispetto alla minaccia nucleare, ma non faceva niente per porre soluzione ai grandi interrogativi in termini di diritti umani. E qui venne la svolta. Negli anni '80 arrivarono sul palcoscenico della Storia attori che, soprattutto sui diritti umani, rifiutavano di accettare che la Guerra Fredda fosse definitiva.

Nel cast, chi ebbe il ruolo di protagonista?

Senza dubbio Reagan, che disse con chiarezza che quello sovietico era "l'impero del male" con il quale non si potevano fare compromessi. Ma anche la Thatcher e il papa polacco. Ognuno di loro era diverso e ovviamente ebbe un ruolo diverso. Li univa pero’ una dote comune ai grandi leader: la capacita' di capire che lo status quo e' vulnerabile, di percepire che le persone potevano fare la differenza e infine di agire perche' questo avvenga.

La retorica di Reagan, i suoi attacchi al comunismo, la sua esortazione diretta a Gorbaciov ad "abbattere il Muro" non furono rischi eccessivi per un presidente americano?

No, i suoi discorsi furono anzi di un'importanza cruciale per far cambiare le cose. Prima di tutto, disse una verita' che nessun presidente americano aveva ancora detto: l'Unione Sovietica era davvero l'impero del male. E poi Reagan aveva la dote di saper scegliere molto bene momenti e luoghi in cui fare i propri discorsi, per ottenere l'effetto desiderato. George W. Bush ne ha fatti troppi, e anche Barack Obama a mio avviso sta esagerando. Reagan agi' spesso sfidando l'opinione pubblica europea. Anche il giorno del suo celebre discorso a Berlino davanti al Muro, nelle strade vicine c'erano folle di manifestanti contro di lui. Obama invece gode di ampio credito in Europa e ha appena reso felici i russi cancellando il sistema di difesa missilistica di Bush.

Vede paralleli tra i due o lezioni che l'attuale Casa Bianca puo' trarre dai successi reaganiani?

E' presto per giudicare Obama, senza dubbio non deve sprecare l'enorme aspettativa che ha trovato. In politica estera si sta muovendo verso un nuovo realismo, riportando alla cautela di fronte all'idea che la democrazia possa sbocciare automaticamente dovunque. Occorre riconoscere che ci sono regimi autoritari che resisteranno e che ci sono ragioni per trovare un terreno comune anche con quei regimi. Sta cercando di correggere errori delle amministrazioni Clinton e Bush. E' per questo che in America abbiamo elezioni ogni quattro anni, per rimediare agli errori precedenti!

Quanto fu importante, per la fine della Guerra Fredda, il fatto che in Vaticano ci fosse un papa polacco?

Fu di un'importanza enorme. Giovanni Paolo II fu sorpreso come tutti quanti dall'essere stato scelto come pontefice, ma una volta eletto ebbe le idee molto chiare su cio' che c'era da fare. Come dico ai miei studenti: 'Forse questo e' un esempio della mano di Dio nella Storia'. C'e' ancora tanto che non sappiamo su cosa avvenne dietro le quinte in quegli anni in Vaticano. Ma al di la' di tutto, fu incredibilmente importante che ci fosse un papa che veniva dalla Polonia, sapeva parlare in modo franco e diretto, e poteva smuovere la potenza geopolitica della fede. Un sacco di gente sottovalutava questo aspetto, perche' viviamo in un mondo secolarizzato. Ma e' qualcosa di una potenza straordinaria, al quale l'Unione Sovietica non aveva niente da opporre.

L'Italia, secondo i suoi studi, ebbe un ruolo importante nella fine della Guerra Fredda?

Direi che ne ebbe uno decisivo nella nascita della Guerra Fredda: le elezioni del 1948 furono un momento di svolta, di una grande importanza non solo per la politica italiana ed europea, ma anche negli Stati Uniti, visto che segnarono tra l'altro la prima grande operazione sotto copertura della Cia, con il sostegno alla Democrazia Cristiana. Ma nel 1989 i protagonisti erano altrove e in Europa il protagonista fu soprattutto la Germania. Il suo cancelliere Helmut Kohl vide in anticipo cio' che altri non vedevano. Anche dopo la caduta del Muro, la gente continuava a ripetere che ci sarebbero voluti altri 10 anni per riunire la Germania. Mitterand e la Thatcher frenavano. Kohl invece fu tra i pochissimi - insieme a lui forse anche l'allora presidente George H.W.Bush - che intui’ che era possibile. E mise il piede sull'acceleratore perche' avvenisse in meno di un anno.

2 commenti:

chechi ha detto...

ciao,
ho consultato il tuo blog, mi sembra molto interessante. ti ho linkato come blog amico e vorrei proporti di fare lo stesso con il mio blog http://vivereamadrid.blogspot.com/ che ha solo 24 ore di vita!
grazie
Chechimadrid

Al servizio della libertà ha detto...

Ciao Chechimadrid,
ti ringrazio,un augurio per il tuo blog allora!
grazie a te
Andrea