Il 2010 sarà un anno molto importante per tutti i governi Occidentali e per quanto ci riguarda per il governo italiano. Se fossi Berlusconi sarei molto felice di poter governare in questo periodo: è nei momenti di crisi che i duri cominciano a giocare e dimostrano veramente le proprie capacità. Ho più volte ricordato l'esempio di grandi personaggi, Thatcher e Reagan in primis, che con lungimirante follia, determinazione, cuore e con la giusta dose di benedizione della dea bendata sono riusciti a portare alla grandezza i rispettivi Paesi, un tempo moribondi vittime dell'assistenzialismo e della mentalità statalista. Il nostro Paese non ha mai conosciuto le politiche della Thatcher e di Reagan. Mentre negli anni 80, Stati Uniti, Inghilterra e altri Paesi prendevano il volo verso le grandi riforme, noi attraversavamo il periodo della corruzione e dell'immobilismo del governo. In Italia non è mai esistito un "governo-Thatcher" e quando sento l'opposizione italiana rimproverare il governo Berlusconi di essere un governo liberista e capitalista mi viene da ridere e penso: ma magari! Se Berlusconi facesse le riforme "thatcheriane" probabilmente gli costruirei una statua d'oro in Piazza del Popolo. Recentemente ha dichiarato che nel 2010 farà le riforme; io rispondo che noi siamo qui ad attenderle e soprattutto a sperare che siano coraggiose, sperando che Berlusconi possa essere più simile alla Thatcher che al divo Andreotti, verso il quale provo simpatia e anche stima per il suo stile, ma di certo non sono un affezionato del suo modo di intendere la politica e soprattutto del suo modo di governare. Mentre scrivo questo post stavo pensando al fatto che il ministro degli esteri dell'Iran ha minacciato Londra, dicendo che se continua a interferire sulle vicende iraniane l'Iran reagirà e "tirerà un pugno in bocca" a Londra. Onestamente, ma ve lo immaginate una trentina di anni fa che questo tizio rivolgeva queste parole all'Inghilterra? Probabilmente una ventina di secondi dopo si sarebbe trovato sotto casa l'esercito britannico e avrebbe dovuto chiedere scusa e fare penitenza per qualche annetto! Siamo arrivati ad un punto di svolta, il 2010 deve essere un anno di rilancio per l'Occidente, sotto il profilo economico e politico. Un ministro di un Paese inferiore militarmente ed economicamente non può permettersi di dire certe cose, la strategia delle chiacchiere di Obama è chiaramente fallimentare. Siate onesti: se ci fosse la Thatcher l'Iran non si sarebbe posto in questa maniera. Non solo, ci mancava solo che Putin con il pretesto dello scudo americano si pronunciasse in favore dell'aumento delle armi offensive "per avere maggiore aggressività in economia e politica". Se ci fosse Reagan non solo non lo avrebbe mai detto, ma non lo avrebbe neanche pensato. Per quanto i nostri rapporti con la Russia sono ottimi e diversi da quelli di un tempo. L'Occidente è caduto in un periodo di decadenza e deve trovare la forza di riprendersi il mondo. I sintomi della decadenza dell'Occidente stanno non solo nella crisi economica, ma anche dal fatto che alcuni Paesi, vedi Iran, Russia, Cina non hanno più paura di noi, e chiaramente vedendoci in crisi alzano la testa e tirano la corda, fino a quando permetteremo questo atteggiamento?
martedì 29 dicembre 2009
sabato 19 dicembre 2009
Come uscire dalla crisi, i grandi dell'economia ed il cuore di Reagan
domenica 13 dicembre 2009
The political economy of laissez-faire: analysis of Reaganomics
"Only by reducing the growth of government can we increase the growth of the economy" said Ronald Reagan in 1981. He wanted to change the course of U.S. economic policy giving more freedom to people. His program was based on four policy objectives: reduce the growth of government spending, reduce the marginal tax rates, deregulation and at the end reduce inflation by controlling the growth of the money supply. This economic program was called "Reaganomics". At first, the inflation-adjusted declined from 4% during the Carter administration to 2,5% during the Reagan administration, despite the increase of the defense spending. So, federal spending was 22,9% of GDP in 1981 and declined to 22,1% of GDP in 1989. As for the cut of taxes the result was brilliant: the top marginale rate on individual income was reduced from 70% to 28% and the corporate income tax rate was reduced from 48% to 34%. Moreover most of the poor were exempted form the individual income tax. So, the government approved a package of investment incentives and the combination of this measure reduced the federal revenue share of GDP from 20% in 1981 to 19,2% in 1989. As far deregulation, Reagan eased price controls on natural gas, oil, cabl TV and so on. The monetary policy was also very successful; Real GDP increased at a 1,8% rate during the Reagan administration (only 0,8% during Carter administration) and the increase in productivity growth was even higher: the output per hour in the business sector increased at a 1,4% in the Reagan years and it was costant during Carter administration. Remember also that productivity in the manufacturing sector increased at a 3,8% annual rate, a record. The unemployment rate declined from 7% in 1980 to 5,4% in 1988 and also the inflation rate declined from 10,4% in 1980 to 4,2%. This was an incredible result because proved that there is no long-run trade-off between the unemployment rate and the inflation rate. Another important result of Reaganomics was that the share of the income tax burden borne by the top 10% of taxpayers increased from 48% in 1981 to 57,2% in 1988 and the share of income taxes paid by the bottom 50% of taxpayers dropped form 7,5% in 1981 to 5,7% in 1988; so the criticism that with Reaganomics the tax payments of the rich taxpayers would fall, failed. Cutting taxes caused the growth of individual income tax revenues from $244 billion in 1980 to "446 billion in 1989. At the end of the Reagan administration, the U.S. economy had experienced the longest peacetime expansion ever and the period of stagfation and malaise of 1973-1980 was transformed by the Reaganomics into a sustained period of higher growth and lower inflation.
sabato 5 dicembre 2009
In difesa di Silvio Berlusconi
Mi chiedo da cosa derivi l'odio. Noi tutti a volte, proviamo odio verso qualcuno, verso qualcosa. Non riesco proprio a capire l'atteggiamento di certa opposizione verso Silvio Berlusconi. Io stesso, in alcuni post, esprimo il mio dissenso su determinati provvedimenti che il governo prende o magari cerco di sollecitarlo a fare quelle riforme che credo possano essere utili al Paese. Ma mai con l'odio. Anzi, chiariamo, a me Berlusconi piace. Voglio dire, è simpatico, sarebbe di sicuro il mio migliore amico. E' una persona ironica, ci sa fare, è capace con le donne e pare sia leale con gli amici veri. Cosa si vuole di più? Come si fa ad odiarlo? La cosa che mi fa tristezza è l'odio che l'opposizione, o meglio, parte dell'opposizione, prova verso quest'uomo. A volte dimenticate che è un uomo signori, è un vostro fratello. Odiano Berlusconi probabilmente perchè non riescono a contraddirlo sul piano politico, oppure perchè nel 1994 l'ha messa nel sedere a un pò di persone, diciamolo: alcuni vorrebbero vederlo morto perchè hanno perso la possibilità di governare l'Italia nel 1994. E l'invidia ci può stare, per carità. Ma la degenerazione non è accettabile. Ancora oggi, mentre presunti pentiti di mafia ritenuti credibili da parte dell'opposizione (come si fa a ritenere credibile uno che scioglie i corpi nell'acido?) parlano del "grande" accordo che la "mafia" ha fatto con Berlusconi per fare le stragi (ahahah!) il governo Berlusconi fa arrestare dei signori importanti legati alla mafia. Per onestà, è bene ricordare ai lettori alcuni risultati che Berlusconi ha messo in campo contro la mafia. Nel governo Berlusconi del 2001 (si veda la legge 438 del dicembre 2001, la legge 431 del dicembre 2001, la legge 1 del gennaio 2003, la legge 279 del 2002 di modifica dell'articolo 41 e 41 bis della legge 354 del 1975) è stato reso permanente il carcere duro per i mafiosi e per i terroristi e sono stati fatti i seguenti arresti : 344 pericolosi latitanti (143 in Campania, 28 in Puglia, 104 in Sardegna e 69 in Sicilia). Sono stati sequestrati i seguenti beni: 4829 beni mafiosi (416 in Campania, 947 in Puglia, 405 in Sardegna, 3061 in Sicilia). Sono stati confiscati i seguenti beni: 3048 beni mafiosi (298 in Campania, 987 in Puglia, 594 in Sardegna, 1169 in Sicilia). Sono stati altresi sciolti i seguenti consigli comunali: 7 in Campania, 9 in Sardegna e 7 in Sicilia. Nelle leggi finanziarie 2002,2003 e 2004 sono stati forniti 63 milioni di euro alle forze dell'ordine per le telecomunicazioni ed il supporto telematico, 40 milioni di euro per il controllo aereo della qualità dell'ambiente e per riorganizzare le strutture penitenziarie, 1308 milioni di euro per la dotazione e l'aumento degli stipendi delle forze dell'ordine e 570 milioni di euro per il completamento della sostituzione dei carabinieri ausiliari. Durante il governo Berlusconi del 2001 sono state arrestate 200 persone per terrorismo islamico e più di 120 terroristi interni fra i quali i brigatisti dell'assassinio di Biagi e D'Antona. Sono state inasprite le pene per la tratta di persone, da 8 a 20 anni di carcere con 214 arresti e 286 soggetti indagati. Confrontando il periodo 1998-2001 e il periodo 2001-2004 gli omicidi della mafia sono calati del 17%, gli omicidi in generale dell'11%, gli atti di contrabbando del 93% e cosi tutti i reati sono drasticamente calati. Sempre nello stesso periodo, i clandestini espulsi sono aumentati del 50% circa e gli sbarchi sono calati del 51%. 24 mili siti monitorati per il contrasto alla pedofilia con 60 arresti e 3000 fra denunce e perquisizioni. Nel governo Berlusconi del 2008, è in un anno di governo, è stato inasprito il regime di carcere duro (41 bis) ed aumentato di 4 anni. Chi appartiene alla mafia dovrà scontare due anni in più rispetto a quelli previsti dalla legge. Il reato di associazione mafiosa è esteso anche alle organizzazioni criminali straniere. I mafiosi che vengono arrestati non potranno usufruire del gratuito patrocinio. Sono stati aumentati in un importo pari a 30 milioni di euro le risorse per i familiari delle vittime della mafia. Nel 2008 sono triplicati i beni sequestrati rispetto al 2007 e sono riutilizzati e resi disponibili per le forze dell'ordine. Coloro che uccidono un agente in servizio da ora avranno l'ergastolo. Rispetto ai 18 mesi precedenti, sono state fatte 377 operazioni di polizia giudiziaria (+53%) ovvero 80 Cosa Nostra, 90 'Ndrangheta, 148 Camorra, 59 Criminalità Pugliese, 3630 arresti (+22%), ovvero 916 Cosa Nostra, 751 'Ndrangheta, 1465 Camorra, 498 Criminalità Pugliese, latitanti in arresto 282 (+87%), beni sequestrati 10089 (+56%) con un valore di 5.629 milioni di euro, beni confiscati 2673 (+364%) con un valore di 1.753 milioni di euro. I consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose dall'inizio della legislatura sono pari a 12, e le somme recuperate per il fondo unico di giustizia recuperate al 31 ottobre 2009 sono pari a 665,7 milioni di euro.
Questo era dovuto a Silvio Berlusconi e al suo governo. Escludo che in Italia abbiamo avuto un governo che ha avuto tanti risultati nel contrasto al crimine organizzato. Questo governo è guidato da Silvio Berlusconi, una persona che da 14 anni deve difendersi da calunnie, una persona che dovrà dare 30 milioni di euro al mese alla ex moglie, una persona che viene ridicolizzata dal cofondatore del suo partito, una persona che non aveva il papi ricco, una persona che è accusata di aver fatto tutto, tranne forse le guerre puniche! Provate voi a vivere quotidianamente guardando in faccia persone che a prescindere vi considerano per esempio degli stupratori, come fareste? E soprattutto, se voi siete innocenti, cosa provereste? Come potreste vivere? Silvio Berlusconi non sarà perfetto, ne sarà un santo, cosi come perfetto non è il suo governo. Ma le critiche ed i contrasti vanno indirizzati nei confronti dell'operato del governo, e non nei confronti della vita privata dell'individuo. Perchè l'opposizione deve essere in grado di produrre idee e programmi alternative e deve sconfiggere sulla base delle proposte di governo serie l'avversario. Mi chiedo, se la mafia è "alleata" con Berlusconi, come mai dal 1994 ci sono "pentiti" mafiosi che fanno di tutto per far crollare Berlusconi? Se io fossi un mafioso amico del premier non permetterei la presenza di persone che infangano il mio amico premier. Non sarà mica che la mafia è alleata di qualche altro partito? Vuoi vedere che alla fine Berlusconi è l'unico che non ha rapporti con la mafia e che invece altri partiti che si fingono moralmente puliti sono amici della mafia? Mi chiedo, è un caso che l'unico governo in Italia che ottiene risultati importanti contro la mafia, guidato da Berlusconi, guarda un pò ha contro molti poteri forti, fra i quali i "pentiti" di mafia? Io non sono in grado di rispondere, ma vi invito a riflettere. Intanto, Berlusconi risponde alle chiacchiere, facendo arrestare due boss importanti di Cosa Nostra. Proprio una cosa da mafioso, saluti Don Silvio!
Silvio Berlusconi e le tasse
Uno degli errori più grandi che una persona può fare durante la sua vita è quello di criticare l'operato altrui senza promuovere delle idee alternative che siano credibili. La credibilità delle idee alternative che vengono proposte è condizione necessaria per poter criticare l'operato dell'interlocutore. E qual è la scienza che più di tutte rende credibile una tesi? La matematica naturalmente. Diceva il mio professore che la matematica è un'opinione con obbligo di coerenza. Per quanto mi riguarda, ho sempre parlato di Silvio Berlusconi e del suo governo nel merito dei fatti e dei provvedimenti assunti e non. Cerchiamo ora per quanto ci è possibile, di parlare della politica economica del governo. Partiamo dalla pressione fiscale, che secondo l'Ocse nel 2008 in Italia è pari al 43,2% del Pil, mentre era pari al 43,5% nel 2007. Cosa sta facendo dunque il governo Berlusconi per mantenere la promessa di ridurre la pressione fiscale al 40% alla fine del suo mandato, ovvero nell'Aprile del 2013, senza aumentare il debito pubblico, che nel 2013 è stimato pari al 117,7%? In primo luogo, la vedo dura per Silvio mantenere questa promessa. Nella programmazione economico-finanziaria del 2009-2013 è stimata una pressione fiscale pari al 42,6% nel 2013, che sarebbe già un fallimento della sua promessa ma a mio modesto parere sarà molto difficile che nel 2013 la pressione fiscale sarà pari al 42,6%, dovrebbe essere più alta dato che già è saltata la previsione del governo sulla pressione fiscale del 2008 (stimata 42,8%, risultato 43,3%). Chiaramente il mio augurio è che Berlusconi possa portarla al 35% la pressione fiscale nel 2013! Ma per farlo, servono riforme coraggiose stile Thatcher, e stando a ciò che leggo, non è intenzione del governo farle, per il momento s'intende. La speranza è l'ultima a morire. Nella programmazione economico-finanziaria del 2010-2013 le mie piccole analisi vengono confermate, e il target della pressione fiscale nel 2013 è stato modificato a 42,9%, livello più ragionevole ma lontano dal famoso 40%. Silvio Berlusconi tempo fa aveva detto che in tempi di crisi bisogna avere il coraggio di abbattere la pressione fiscale, ha ragione. Certo, sarebbe fantastico se poi mettesse in pratica questa frase. Le spese programmate nel documento 2010-2013 crescono cosi come crescono le entrate, comprese quelle tributarie. Cosa commentare a riguardo; se le cose saranno cosi nel 2013 (o peggio) Silvio Berlusconi non avrà fatto la rivoluzione fiscale e liberista che i suoi elettori si aspettavano dal suo governo. Non voglio cosi dire che sarà un governo pessimo o cattivo, ma semplicemente sarà un governo che non avrà attuato una politica fiscale liberista. Tutto qui, per molti può anche essere un bene. Silvio Berlusconi nel 2013, se la pressione fiscale sarà pari al 43%, probabilmente non avrà messo mani nelle tasche degli italiani, ed è già una cosa buona. Ma non sarà quel governo rivoluzionario che molti si aspettavano, e questo è un peccato. Cosa vorrei io? A parole direi ripartire dalla riforma dell'Ire portando l'aliquota al 23% per i redditi fino a 100 mila euro e del 33% per i redditi da 100 mila euro in su; abolire l'Irap; ridurre l'Ires, aumentare detrazioni e deduzioni; fiscalità privilegiata per le imprese estere e per il Sud; eliminare la tassa sul bollo dell'auto; aumentare le liberalizzazioni e le privatizzazioni in tutti i campi; eliminare province ed enti inutili; ridurre la spesa pubblica. Potrei continuare, in sintesi io vorrei un governo alla Reagan, alla Thatcher, ma è facile per me parlare. Però caro Silvio, queste due persone hanno avuto il coraggio di ridurre la presenza dello Stato nell'economia, hanno avuto il coraggio di ridurre le tasse e di rivoluzionare i loro rispettivi Paesi. Come rendere credibili le mie parole? La matematica può essermi di aiuto; basta osservare i risultati dei governi dei due summenzionati colleghi. L'ho già fatto, basta avere la pazienza di rileggere qualche post precedente del mio blog. E allora Presidente, fra 20 anni vuoi che il tuo nome possa entrare a far parte della classifica del Time dei leader e rivoluzionari più grandi al mondo oppure vuoi che fra 20 anni sarai ricordato solo perchè nel 2007 c'è stata una crisi simile a quella del 1929? A te la scelta.
mercoledì 2 dicembre 2009
Il governo degli annunci e l'opposizione delle chiacchiere
lunedì 30 novembre 2009
Campagna a favore della libertà in Corea del Nord
Kim-Jong-il: un altro genio che ha realizzato il sogno comunista
venerdì 27 novembre 2009
Tremonti e Bersani da Santoro
Non so voi, ma io ieri sera ho molto gradito la trasmissione di Santoro. Sono un assiduo consumatore, predonatemi il termine, di porta a porta, ballarò, anno zero e cosi via. Ieri sera forse, è stata la puntata più bella di Anno Zero. Ospiti in studio Tremonti e Bersani insieme a qualche giornalista. Entrambi con argomentazioni abbastanza valide hanno fatto valere la loro tesi dialogando e confrontandosi seriamente, senza il solito populismo che spesso i personaggi della politica ci presentano. E' stato proprio piacevole ieri guardare Anno Zero, non a caso entrambi gli ospiti, per dirla alla Mourinho, non erano i soliti pirla della politica, ma erano due personaggi competenti, con visioni dell'economia e della politica differenti, ma comunque competenti. I giornalisti vari invece, hanno dimostrato una totale ignoranza assurda, Tremonti è stato formidabile a umiliare letteralmente un tizio che faceva osservazioni davvero da bambino di terza elementare e altrettanto Bersani ha cagato l'altro tizio. Quando i tecnici entrano in campo, per i giornalisti e per i politici c'è poco da fare, possono solo stare zitti e subire le argomentazioni di chi capisce qualcosa di economia. Ci ha provato anche Travaglio a mettere confusione, ma è stato cagato anche lui. Bravo dunque Santoro anche ad aiutare i lavoratori di Eutelia che sono stati truffati in maniera vergognosa dai loro amministratori delegati. Che dire, sarà un fulmine a ciel sereno oppure magari se ci impegnassimo tutti, riusciremmo a parlare di cose concrete e a risolvere i problemi del nostro grande Paese? La vogliamo capire o no che se i politici cominciassero a fare i politici con la P maiuscola, potremmo essere davvero i protagonisti della scena internazionale? Allora, buona fortuna a Bersani, un augurio che possa modernizzare il Pd, potrebbe essere la persona giusta a guidare il centro sinistra, lasciamolo lavorare in santa pace: all'Italia farebbe solo un piacere. Passiamo brevemente a Tremonti. Ci sono state delle polemiche fra Brunetta e Tremonti, il primo accusava "Giulio" di essere eccessivamente conservatore nelle politiche della spesa. Io vi dico quello che penso. Ho molta stima di Tremonti, a prescindere dalla condivisione delle sue politiche. E' una persona molto seria e anche ieri ha dimostrato di sapere la sua. Mi dispiace per Brunetta, ma sulle spese ha ragione Tremonti: spendiamo troppo. La politica di contenimento delle spese mi trova totalmente d'accordo. Tremonti infine ieri ha detto che il governo appena possibile taglierà le tasse e non vuole farlo ora perchè secondo lui sarebbe pericoloso per la situazione attuale. Che dire, a parole sono d'accordo, certo, aspetterei i fatti. Tuttavia, per concludere, siccome non vorrei fare la fine dei giornalisti idioti che parlano senza collegare il cervello e soprattutto parlano senza sapere, vorrei lanciare una sfida al Ministro dell'Economia e spero che potrà accogliere, chissà che una sera che magari non ha nulla da fare e sta navigando su Internet non becca il mio blog!:) A "Giulio" dico: bravissimo sulle spese, ma perchè non ridurre le tasse per ridurre le spese? Ministro, scommettiamo una cena che se riduci drasticamente le tasse, la spesa pubblica come d'incanto scenderà? Ai posteri l'ardua sentenza. Viva la politica con la P maiuscola, viva i tecnici e giornalisti fuori dalle balle! Che Dio ci benedica tutti!
mercoledì 18 novembre 2009
Obama merita sostegno nella riforma sanitaria
Ho molti dubbi sul tema della riforma sanitaria promossa da Obama negli Stati Uniti. Non starò qui ad evidenziare i punti tecnici della riforma perchè non li conosco perfettamente. Nel mio blog ho spesso espresso diffidenza nei confronti di Obama e del suo governo. Credo che sia eccessivamente sopravvalutato e che debba essere giudicato al termine del suo mandato. E' inopportuno per esempio consegnare il premio nobel per la pace ad Obama: lasciamolo lavorare prima di elogiarlo. Tuttavia credo che sulla sanità abbia ragione. Lasciamo perdere i dettagli; pensiamo al fatto che non è pensabile che la nazione più potente al mondo non è capace a garantire le cure gratuite a coloro che non possono permettersi di pagare un'assicurazione: 36 milioni di persone non possono curarsi negli Stati Uniti perchè non assicurate! Garantire la sanità a tutti non è socialismo o comunismo, è semplicemente buon senso. Per non parlare degli orrori e degli scandali delle assicurazioni americane che anche a coloro che sono assicurati cercano di fare di tutto per non pagare le spese mediche e per annullare l'assicurazione una volta che il soggetto in questione si ammala. Io non sono in grado di dire se ciò che ha intenzione di fare Obama aumenterà o meno il deficit: ma chi è per davvero un sostenitore della libera concorrenza, del profitto e del libero mercato non può accettare che un qualsiasi soggetto cerchi di massimizzare i profitti senza rispettare le regole sociali e la collettività. Questo non è socialismo, è semplicemente ricerca del profitto nel rispetto delle regole. E troppo spesso in America, nella sanità ciò non avviene. Aumenterà il deficit? Pazienza, una nazione civile ha il dovere di curare i propri cittadini; più una nazione è ricca, più ha il dovere di aiutare i propri cittadini. La virtù sta nel mezzo e nella vita bisogna essere conservatori nelle cose che vanno bene, e rivoluzionari nelle cose che vanno male. Obama merita rispetto per il suo impegno nella sanità, e tutti devono sostenerlo perchè è facile criticare ed è difficile agire. Buona fortuna allora Presidente per la tua rivoluzione.
domenica 8 novembre 2009
La caduta del muro di Berlino
Non sono mai stato troppo bravo a festeggiare quando ho raggiunto traguardi che consideravo
importanti. Non lo so il perchè, questione di mentalità. Una volta che hai raggiunto un traguardo, c'è sempre qualche nuovo obiettivo da raggiungere. Anche in questo caso conserverò la mia abitudine. Mi chiedo come ricordare i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino. E soprattutto, a chi dedicare questa vittoria, che ha rappresentato il trionfo del bene sul male, il trionfo della democrazia sulla dittatura. La caduta del comunismo per me ha rappresentato il dono più bello che il Signore poteva farci. Noi che viviamo in una società libera non riusciamo, non possiamo capire fino in fondo cosa significa vivere in un regime anti-democratico. E ciò vale sia per l'Unione sovietica, per Cuba, per la Cina e sia per la Germania nazista e l'Italia fascista: le dittature non hanno colori. Non possiamo capire il terrore di coloro che hanno vissuto (e che ancora oggi vivono!) nei Paesi dove regnano le dittature. E soprattutto, non dobbiamo scordarci di chi ha lottato e di chi è caduto per la nostra libertà. Perchè la libertà è un pò come quando stiamo bene: comprendiamo l'importanza della salute solo quando ci ammaliamo. La caduta dell'impero del male ha rappresentato la vittoria della libertà e della democrazia. La mia gratitudine va all'artefice della vittoria contro il comunismo: Ronald Reagan. Grazie alle sue geniali politiche è riuscito a vincere la guerra fredda senza sparare un colpo: un eroe. Ma la sua vittoria, la nostra vittoria, voglio dedicarla a tutti coloro che con violenza ed umiliazione sono stati assassinati dai regimi comunisti. Potrei a questo punto farvi l'elenco e presentarvi le immagini, ma non lo farò perchè non è necessario e perché ho molto rispetto per coloro che sono morti. Per tornare al mio carattere particolare nel festeggiare i successi, d'altra parte anche Reagan, una volta caduto il muro, ha lasciato che i buffoni si prendessero il merito e come ho ricordato nel precedente post, a chi gli domandava del perchè non appariva in tv a festeggiare e a prendersi gli applausi della gente, rispondeva alzando le spalle e sorridendo, e mentre Bush e Gorbaciov passeggiavano per le strade a sventolare le bandiere della libertà, Reagan stava a casa, a farsi un bel bicchiere di vino bianco e a guardare compiaciuto la televisione e con l'umiltà e la riservatezza, qualità tipiche dei grandi uomini, di coloro che preferiscono agire piuttosto che fare populismo. Il comunismo (si spera!) è morto ormai, ma dobbiamo rimanere vigili perchè la storia si ripete e perchè il male è sempre in agguato pronto a sfruttare le debolezze della nostra società per rinascere. Il migliore antidoto contro i criminali comunisti e contro le derive estreme è semplicemente quello di continuare a garantire, mediante il buon governo, alla gente che l'unico sistema che noi conosciamo per distribuire per la maggior parte ricchezza e potere è la democrazia liberale. Ma per fortuna (dopo un pò di tempo!) quasi tutti lo abbiamo capito e la nostra battaglia è stata vinta. Buona festa della libertà, che Dio ci benedica!
Pubblico un'intervista che il professor Gaddis, storico e professore a Yale, ha rilasciato alla Stampa in data 07 novembre 2009:
Le rivoluzioni talvolta colgono di sorpresa
Era successo in Francia nel 1789, è accaduto di nuovo 200 anni dopo nell’Est Europeo: nessuno si aspettava che il Muro venisse giu’ cosi’ in fretta”. John Lewis Gaddis ha dedicato un’esistenza a studiare il Muro di Berlino e le ragioni che lo avevano fatto erigere. Ma 20 anni fa anche il professore di Yale - incoronato dal New York Times come “il decano degli storici della Guerra Fredda” - rimase spiazzato dagli eventi. E oggi agli studenti che affollano i suoi corsi nel prestigioso campus americano spiega una teoria presa in prestito dalla fisica: la storia a volte si comporta “come un mucchio di sabbia che continua a crescere, e nessuno sa qual e’ il granello che a un certo punto fara’ crollare tutto”. Gaddis, uno dei massimi storici della Guerra Fredda al mondo, due decenni dopo la caduta della cortina di ferro propone una chiave di lettura degli eventi che mette in primo piano il ruolo dei protagonisti degli anni Ottanta. Dopo oltre 30 anni di un copione sempre uguale, spiega a La Stampa.it , sulla scena di quella drammatica rappresentazione teatrale che fu la Guerra Fredda salirono “un cast di attori insoliti, che avevano in comune il fatto di rifiutare che quello stato di cose fosse destinato a restare in eterno: Reagan, Thatcher, Giovanni Paolo II, Havel, Walesa, anche Deng Xiaoping e Gorbaciov. Sono loro che hanno posto le basi per quello che e’ accaduto nel 1989”. Una storia che secondo Gaddis offre insegnamenti per l’oggi (per esempio per Barack Obama, “che fa troppi discorsi, dovrebbe imparare da Reagan: pochi ma decisivi”), ed e’ in buona parte ancora da finire di scrivere: “Gli archivi americani e occidentali non saranno pienamente consultabili che tra 10-15 anni, quelli del Vaticano forse tra 500. Sappiamo assai di piu’ sui paesi dell’Est, che hanno aperto tutti gli archivi, che su quello che e’ avvenuto dietro le quinte nelle capitali europee occidentali o a Washington”.
Professore, gli eventi dell'autunno 1989 spiazzarono anche lei?
Completamente. Tre anni prima avevo scritto un saggio su The Atlantic intitolato 'Come potrebbe finire la Guerra Fredda'. La mia ipotesi era che Usa e Unione Sovietica avrebbero dato vita con il tempo a una relazione sempre piu' stabile e una mattina si sarebbero svegliati dicendo: 'Questa non e' piu' la Guerra Fredda, e' il nuovo sistema internazionale'. Immaginavo che ci saremmo abituati all'idea di un'Europa divisa e al Muro di Berlino come cose 'normali'. Mi sbagliavo.
Perche' paragona il 1989 alla rivoluzione francese del 1789?
Perche' anche allora nessuno percepi' con chiarezza quello che stava per accadere. La Francia era la nazione piu' ricca d'Europa, il sistema appariva stabile, e l'idea che l'aristocrazia potesse collassare per effetto di una rivoluzione era impensabile. L'Unione Sovietica aveva costruito per decenni un sistema altrettanto stabile, e pensare che in meno di un anno potesse cadere... E invece... Invece anche nella storia, come nella fisica, esiste il concetto di massa critica: puoi continuare a costruire, ma non sai qual e' il momento in cui un minimo peso in piu' fara' crollare tutto. L'Unione Sovietica lo scopri' nel 1989.
Lei spiega la fine della Guerra Fredda ponendo l'accento sul ruolo degli "attori insoliti" in scena in quegli anni. Cosa intende?
Negli anni '70 aveva acquistato spessore la tesi secondo la quale la Guerra Fredda era una condizione permanente. Era l'idea dietro la distensione di Nixon e Kissinger, era la base dell'Ostpolitik di Willy Brandt. Ma la distensione lasciava molti insoddisfatti: poteva rendere il mondo piu' sicuro rispetto alla minaccia nucleare, ma non faceva niente per porre soluzione ai grandi interrogativi in termini di diritti umani. E qui venne la svolta. Negli anni '80 arrivarono sul palcoscenico della Storia attori che, soprattutto sui diritti umani, rifiutavano di accettare che la Guerra Fredda fosse definitiva.
Nel cast, chi ebbe il ruolo di protagonista?
Senza dubbio Reagan, che disse con chiarezza che quello sovietico era "l'impero del male" con il quale non si potevano fare compromessi. Ma anche la Thatcher e il papa polacco. Ognuno di loro era diverso e ovviamente ebbe un ruolo diverso. Li univa pero’ una dote comune ai grandi leader: la capacita' di capire che lo status quo e' vulnerabile, di percepire che le persone potevano fare la differenza e infine di agire perche' questo avvenga.
La retorica di Reagan, i suoi attacchi al comunismo, la sua esortazione diretta a Gorbaciov ad "abbattere il Muro" non furono rischi eccessivi per un presidente americano?
No, i suoi discorsi furono anzi di un'importanza cruciale per far cambiare le cose. Prima di tutto, disse una verita' che nessun presidente americano aveva ancora detto: l'Unione Sovietica era davvero l'impero del male. E poi Reagan aveva la dote di saper scegliere molto bene momenti e luoghi in cui fare i propri discorsi, per ottenere l'effetto desiderato. George W. Bush ne ha fatti troppi, e anche Barack Obama a mio avviso sta esagerando. Reagan agi' spesso sfidando l'opinione pubblica europea. Anche il giorno del suo celebre discorso a Berlino davanti al Muro, nelle strade vicine c'erano folle di manifestanti contro di lui. Obama invece gode di ampio credito in Europa e ha appena reso felici i russi cancellando il sistema di difesa missilistica di Bush.
Vede paralleli tra i due o lezioni che l'attuale Casa Bianca puo' trarre dai successi reaganiani?
E' presto per giudicare Obama, senza dubbio non deve sprecare l'enorme aspettativa che ha trovato. In politica estera si sta muovendo verso un nuovo realismo, riportando alla cautela di fronte all'idea che la democrazia possa sbocciare automaticamente dovunque. Occorre riconoscere che ci sono regimi autoritari che resisteranno e che ci sono ragioni per trovare un terreno comune anche con quei regimi. Sta cercando di correggere errori delle amministrazioni Clinton e Bush. E' per questo che in America abbiamo elezioni ogni quattro anni, per rimediare agli errori precedenti!
Quanto fu importante, per la fine della Guerra Fredda, il fatto che in Vaticano ci fosse un papa polacco?
Fu di un'importanza enorme. Giovanni Paolo II fu sorpreso come tutti quanti dall'essere stato scelto come pontefice, ma una volta eletto ebbe le idee molto chiare su cio' che c'era da fare. Come dico ai miei studenti: 'Forse questo e' un esempio della mano di Dio nella Storia'. C'e' ancora tanto che non sappiamo su cosa avvenne dietro le quinte in quegli anni in Vaticano. Ma al di la' di tutto, fu incredibilmente importante che ci fosse un papa che veniva dalla Polonia, sapeva parlare in modo franco e diretto, e poteva smuovere la potenza geopolitica della fede. Un sacco di gente sottovalutava questo aspetto, perche' viviamo in un mondo secolarizzato. Ma e' qualcosa di una potenza straordinaria, al quale l'Unione Sovietica non aveva niente da opporre.
L'Italia, secondo i suoi studi, ebbe un ruolo importante nella fine della Guerra Fredda?
Direi che ne ebbe uno decisivo nella nascita della Guerra Fredda: le elezioni del 1948 furono un momento di svolta, di una grande importanza non solo per la politica italiana ed europea, ma anche negli Stati Uniti, visto che segnarono tra l'altro la prima grande operazione sotto copertura della Cia, con il sostegno alla Democrazia Cristiana. Ma nel 1989 i protagonisti erano altrove e in Europa il protagonista fu soprattutto la Germania. Il suo cancelliere Helmut Kohl vide in anticipo cio' che altri non vedevano. Anche dopo la caduta del Muro, la gente continuava a ripetere che ci sarebbero voluti altri 10 anni per riunire la Germania. Mitterand e la Thatcher frenavano. Kohl invece fu tra i pochissimi - insieme a lui forse anche l'allora presidente George H.W.Bush - che intui’ che era possibile. E mise il piede sull'acceleratore perche' avvenisse in meno di un anno.
venerdì 6 novembre 2009
Dear mr. Moore: I will tell you who mr. Reagan is.
The long education began. He studied communism, read Marx, read the Founders and the conservative philosophers from Burke to Burnham. He began to tug right. The Democratic Party and his industry continued to turn left. There was a parting. A word on his intellectual reflexes. Ronald Reagan was not a cynic--he did not assume the worst about people. But he was a skeptic; he knew who we are. He did not think that people with great degrees or great success were necessarily smart, for instance. He had no interest in credentialism. He once told me an economist was a fellow with a Phi Beta Kappa key on one end of his chain and no watch on the other. That's why they never know what time it is. He didn't say this with asperity, but with mirth. He did not dislike intellectuals--his heroes often were intellectuals, from the Founders straight through Milton Friedman and Hayek and Solzhenitsyn. But he did not favor the intellectuals of his own day, because he thought they were in general thick-headed. He thought that many of the 20th century's intellectuals were high-IQ dimwits. He had an instinctive agreement with Orwell's putdown that a particular idea was so stupid that only an intellectual would believe it. He thought that intellectuals, like the great liberal academics of the latter half of the 20th century, tended to tie themselves in great webs of complexity, webs they'd often spun themselves--great complicated things that they'd get stuck in, and finally get out of, only to go on and construct a new web for mankind to get caught in. The busy little spiders from Marx through Bloomsbury--some of whom, such as the Webbs, were truly the stupidest brilliant people who ever lived--through Harvard and Yale and the American left circa 1900-90. As president of the Screen Actors Guild he led the resistance to a growing communist presence in the unions and, with allies such as William Holden, out-argued the boutique leftism of the Hollywood salons. But when a small army of congressional gasbags came to town, Ronald Reagan told the House Un-American Activities Committee that Hollywood could police itself, thank you. By the time it was over, even his harshest foes admitted he'd been fair. In the '90s, an actress who'd been blacklisted, her career ruined, was invited by historians of Hollywood to criticize him. She said yes, she remembered him well. He was boring at parties. He was always talking about how great the New Deal was. He wanted to be a great actor, but it never happened. He was a good actor. He married Nancy Davis, a young actress who'd gone to Smith. On their first date, she told me once, she was impressed. "He didn't talk, the way actors do, about their next part. He talked about the Civil War." They had children, made a life; she was his rock. In 1962 he became a Republican; in 1966, with considerable initial reluctance, he ran for governor of California. The establishment of the day labeled him a right-wing movie star out of touch with California values; he beat the incumbent, Pat Brown, in a landslide. He completed two successful terms in which he started with a huge budget deficit, left behind a modest surplus, cut taxes and got an ulcer. About the latter he was amazed. Even Jack Warner hadn't been able to give him an ulcer! But one day it went away. Prayer groups that did not know of his condition had been praying for him. He came to think their prayers healed him. In his first serious bid for the presidency, in 1976, he challenged his own party's beleaguered incumbent, the hapless Gerald Ford. Ronald Reagan fought valiantly, state by state, almost unseated Mr. Ford, and returned from the convention having given one of the best speeches of his life. He told his weeping volunteers not to become cynical but to take the experience as inspiration. He promised he wouldn't go home and sit in a rocking chair. He quoted an old warrior: "I will lie me down and bleed awhile / And then I will rise and fight again." Four years later, he won the presidency from Jimmy Carter after a mean-spirited onslaught in which he was painted as racist, a man who knew nothing, a militarist. He won another landslide. Once again he had nobody with him but the people. In his presidency he did this: He out-argued communism and refused to accept its claim of moral superiority; he rallied the West, rallied America and continued to make big gambles, including a defense-spending increase in a recession. He promised he'd place Pershings in Europe if the Soviets would not agree to arms reductions, and told Soviet leaders that they'd never be able to beat us in defense, that we'd spend them into the ground. They were suddenly reasonable. Ronald Reagan told the truth to a world made weary by lies. He believed truth was the only platform on which a better future could be built. He shocked the world when he called the Soviet Union "evil," because it was, and an "empire," because it was that, too. He never stopped bringing his message to the people of the world, to Europe and China and in the end the Soviet Union. And when it was over, the Berlin Wall had been turned into a million concrete souvenirs, and Soviet communism had fallen. But of course it didn't fall. It was pushed. By Mr. Know Nothing Cowboy Gunslinger Dimwit. All presidents should be so stupid. He pushed down income taxes too, from a high of 70% when he entered the White House to a new low of 28% when he left, igniting the long boom that, for all its ups and downs, is with us still. He believed, as JFK did, that a rising tide lifts all boats. He did much more, returning respect to our armed forces, changing 50-year-old assumptions about the place of government and the place of the citizen in the new America.
What an era his was. What a life he lived. He changed history for the better and was modest about it. He didn't bray about his accomplishments but saw them as the work of the American people. He did not see himself as entitled, never demanded respect, preferred talking to hotel doormen rather than State Department functionaries because he thought the doormen brighter and more interesting. When I pressed him once, a few years out of the presidency, to say what he thought the meaning of his presidency was, he answered, reluctantly, that it might be fairly said that he "advanced the boundaries of freedom in a world more at peace with itself." And so he did. And what could be bigger than that? To be young and working in his White House at that time in human history, was--well, we felt privileged to be there, with him. He made us feel not that we were born in a time of trouble but that we'd been born, luckily, at a time when we could end some trouble. We believed him. I'd think: This is a wonderful time to be alive. And when he died I thought: If I'd walked into the Oval Office 20 years ago to tell him that, he'd look up from whatever he was writing, smile, look away for a second and think, It's pretty much always a wonderful time. And then he'd go back to his work. And now he has left us. We will talk the next 10 days about who he was and what he did. It's not hard to imagine him now in a place where his powers have been returned to him and he's himself again--sweet-hearted, tough, funny, optimistic and very brave. You imagine him snapping one of those little salutes as he turns to say goodbye. Today I imagine saluting right back. Do you? We should do it the day he's buried, or when he lies in state in the Capitol Rotunda. We should say, "Good on you, Dutch." Thanks from a grateful country.
Da Reagan a Obama: Caro Moore, ti spiego chi distruggerà davvero gli Stati Uniti
domenica 1 novembre 2009
Chi ha paura della riduzione della spesa pubblica?
Ricordo che al termine di una lezione di algebra discutevo con alcuni amici sulla sanità italiana e sui vari scandali che continuamente escono fuori. Proposi come modello da imitare quello americano e immediatamente tutti mi hanno fatto presente come sia poco tollerabile che la prima potenza al mondo non fosse in grado di garantire a tutti i suoi cittadini le cure adatte in caso di bisogno. Argomentazione ineccepibile direi. In effetti avevano ragione. Ma allora il nostro sistema è buono?Voglio dire, il fatto che loro avessero ragione non significa che il nostro sistema è perfetto. Anzi, è tutto tranne che perfetto. Si dice che è pubblico, in realtà sono sicuro che noi paghiamo il nostro sistema sanitario molto più di quanto lo pagheremmo se fosse gestito dal privato. Ma non è della sanità che vorrei parlare. E' della spesa pubblica. Chi ha davvero paura se lo Stato riduce il peso del suo intervento nell'economia? Per rispondere a questa domanda non ci vuole una laurea in economia...la casta semplice, la politica. Chi sono coloro che beneficiano maggiormente dell'intervento dello Stato nell'economia? I cittadini..assolutamente no...se lo Stato spende X quantità di denaro significa che deve trovare X quantità di denaro da qualche altra parte..ovvero alzando le tasse ottenendo X quantità di denaro oppure indebitandosi verso i cittadini privati ottenendo X quantità di denaro. In entrambi i casi noterete come i cittadini avranno X quantità in meno da spendere! Assodato che non siamo noi quelli che beneficiano della spesa pubblica possiamo ben capire come politici, sindacati, associazioni e caste varie sono felici che lo Stato spenda molto perchè in questa maniera alimentano il loro potere e le loro clientele. Ecco perchè nessuno in Italia parla di ridurre la spesa pubblica, ecco perchè nessuno vuole ridurre le tasse per ridurre la spesa. Ecco perchè, per una volta, destra e sinistra sono unite. Ridurre il peso dello Stato farebbe felici solo una categoria di soggetti: i cittadini. Ma sfortunatamente, ridurre la spesa pubblica comporta ridurre le clientele ed i vantaggi dei politici e dei loro portaborse. D'altra parte, se voi siete membri del CdA di una impresa, approvereste un piano per ridurre le spese per i vostri stipendi? La risposta è chiaramente intuitiva. I nostri politici ridurranno la spesa pubblica?No, certo che no. La rivoluzione liberista per ora è solo una utopia. Svelato il mistero: chi ha paura della riduzione della spesa pubblica? I politici e chi dipende da loro. Ecco un gran bel conflitto di interesse che dubito troverà soluzione. Per il momento.
sabato 24 ottobre 2009
Quelli che in tempi di crisi abbattono la pressione fiscale
E' una settimana piena di notizie. In primis vorrei tornare un attimo sul tema dell'Irap. Io spero che l'elogio che ho fatto al governo Berlusconi riguardo alla proposta dell'abolizione dell'Imposta Rapina non sia prematuro. Nel senso che spero che venga effettivamente abolita, la mia è una speranza. E' chiaro che nel momento in cui fra quattro anni mi ritrovo ancora fra le scatole questa imposta e l'attuale sistema fiscale, il governo Berlusconi avrà fallito. Questo è fuori discussione. Passiamo alla Merkel, che già dal primo gennaio del 2010 attuerà un taglio delle tasse sulle famiglie e sulle imprese di un importo pari a 24 miliardi di euro. E' un passo importantissimo che conferma il fatto che chi ha coraggio nei momenti di crisi interviene riducendo drasticamente il peso fiscale sui contribuenti. E' un primo passo verso una grande rivoluzione che i cittadini della Germania avranno la fortuna di vivere. Come ricorda Antonio Martino è stato Ronald Reagan colui ch ha fatto la più drastica rivoluzione fiscale degli ultimi tempi. Con due riforme ha abbassato l'aliquota massima, pensate un poco, dal 70% al 28%! E tutti coloro che con molta superficialità erano terrorizzati da una riforma del genere sono stati ridicolizzati. Le obiezioni che se si riducono le tasse si favoriscono i ricchi è da prendere con sorriso: credo che neanche Marx in fondo ci credeva davvero. Tanto vero è stato il fatto che grazie a questa rivoluzione, nel 1990 le entrate fiscali negli Usa erano pari a 1.253 miliardi di dollari contro i 517 del 1980, prima che la rivoluzione di Reagan è iniziata! E si pensi che nel 1980 il 5% più ricco fra i contribuenti pagava il 35% del gettito mentre nel 1990 tale percentuale è salita al 49%! Il modo migliore per far pagare più tasse ai ricchi è quello di ridurle. Tutte queste grandi cose fatte vincendo la guerra fredda con l'Unione Sovietica...ricordiamo la Thatcher, un mito che spero tanto di riuscire ad incontrare, con la grande riduzione dell'aliquota dall'83% al 40% e nel frattempo una crescita enorme dell'Inghilterra, un aumento delle entrate fiscali e un aumento del contributo del 10% dei più ricchi che dal 35% sono passati al 42% nella contribuzione del pagamento delle imposte. E non scordiamo anche l'esempio dei leader progressisti: J.F.Kennedy ha fatto crescere gli Stati Uniti del 5% l'anno, in media, grazie ad all'abbattimento dell'aliquota massima dal 90% al 70%. Anche in questo caso sono cresciute le entrate fiscali per un importo pari al 62%. Ridurre le tasse significa alimentare investimenti e crescita, significa abbattere evasione ed elusione fiscale, significa diffondere equità sociale e aumentare il gettito a disposizione per i governi. E per questo che spero che il governo italiano prenda questa linea e faccia una sana pulizia fiscale a cominciare dall'Irap. Per far ripartire l'economia si abbattano le tasse, una volta per tutte.
giovedì 22 ottobre 2009
L'abolizione dell'Irap è un passo in avanti verso la rivoluzione fiscale
Apprendo con sollievo che il governo Berlusconi finalmente abolirà l'IRAP, ovvero l'Imposta Rapina sulle attività produttive. Altro che sollievo, direi enorme felicità. Sarà difficile per me presentare in maniera oggettiva una imposta vergognosa con la quale lo Stato ha rubato milioni di euro alle imprese, ai collaboratori di tali imprese e ai professionisti. L'Irap è una imposta che viene pagata dalle imprese anche quando hanno il bilancio in perdita se i costi degli interessi passivi e degli stipendi dei collaboratori superano le perdite! E' una imposta che distrugge le imprese che sono in crisi e che assumono: perché l'Irap cresce al crescere del numero delle persone assunte da parte di una impresa! L'Irap è una imposta che protegge le imprese che licenziano! Più lavoratori vengono licenziati meno Irap sarà pagata dall'impresa! E' una imposta che colpisce l'imprenditore a prescindere dalla capacità o meno di generare utile! Come si fa a concepire una imposta che grava sulle imprese che sono in perdita? Come si fa a concepire una imposta che in tempi di crisi raddoppia le perdite di una impresa? Come si fa a concepire una imposta che colpisce le imprese che assumono di più? L'Irap è una imposta contro le imprese, contro i lavoratori, contro i professionisti, contro il profitto, contro l'economia. E' una imposta ideologica, lontana dalla realtà del paese, concepita con odio e disprezzo per il mondo del lavoro. Ci vuole una cattiveria davvero profonda solo per pensare una imposta del genere, ci vuole un odio maligno davvero unico per avere il coraggio di incassare i soldi che derivano da questa imposta, una imposta mafiosa e criminale. Lo Stato per anni è stato criminale, con delinquenza ed arroganza ha preteso i pagamenti di questo vergognoso tributo. In tempi di crisi non c'è soluzione più lungimirante di fare il funerale di questa Imposta Rapina. In tempi di crisi non c'è soluzione più geniale di abbattere le tasse e di abbattere la presenza dello Stato nell'economia. Al diavolo dunque l'Irap, che Dio ti maledica. Abbattere l'Irap deve aprire la strada a fare la grande rivoluzione fiscale, deve aprire la strada a distruggere lo Stato criminale che tassa e spende e spende e tassa. Ora bisogna affamare la bestia, dopo l'Ici e l'Irap ora bisogna abbattere un nuovo nemico che si chiama Irpef. Se e solo se Silvio Berlusconi ridurrà l'Irpef al 33% avrà davvero dimostrato di essere un mito. Avremo la fortuna di vedere in questi quattro anni se dimostrerà di essere un mito o l'ennesimo inganno. Di sicuro, oggi, Silvio Berlusconi ha fatto un grande passo verso la prima strada, quella della grandezza.
giovedì 15 ottobre 2009
In breve sullo scudo fiscale
sabato 3 ottobre 2009
Libertà di stampa in pericolo?
Oggi a Roma ci sono i salvatori della nostra patria che fanno a mio avviso una delle manifestazioni più assurde che si potessero fare. Quella sulla libertà di stampa. Secondo loro è in pericolo. Liberi di farla, libero io di dissentire. Per me è sbagliato dire che in Italia non c'è libertà di stampa. Voi potete accendere la televisione, andare su rete 4 e vedere Emilio Fede, potete accendere la televisione andare su rai 2 e vedere Santoro. Nessuno ve lo impedisce. Potete comprare Il giornale e Libero, oppure potere comprare La Repubblica e l'Unità. Nessuno ve lo impedisce. Potete mandare a quel paese il premier o il leader dell'opposizione, nessuno ve lo impedisce. Anche io sto scrivendo in questo momento, posso scrivere quello che voglio, e nessun membro delle S.S. naziste verrà a casa mia a prendermi,almeno credo!!;-) Ci provo: governo vaffanculo! Se nei prossimi mesi continuerò a scrivere su questo blog la mia tesi dovrebbe essere da voi avallata. Potreste obiettare: ma a te non ti legge nessuno. Ok, ma non mi sembra che La Repubblica, il Manifesto, l'Unità, ect siano tenerissimi con il governo, e fanno benissimo, nessuno ha niente da dire. Però nessuno ha chiuso questi giornali, esistono e mi sembra che La Repubblica sia uno dei più letti in Italia. Voglio dire, non è un pò esagerato dire che in Italia la libertà di stampa è in pericolo?Ricordatevi che nel mondo ci sono veramente paesi in cui non c'è libertà...paesi in cui i giornalisti vengono ammazzati e i blog e i giornali chiusi ed assoggettati al regime...non si può scherzare su queste cose..e soprattutto ci sono molte cose più concrete sulle quali l'opposizione dovrebbe vigilare..dal mio piccolo un invito a tutti a riprendere il cammino verso il concreto e ad abbandonare il populismo che non fa bene a nessuno..poi potreste dire che in Italia c'è qualcosa che non va nell'informazione, e qui sarebbe un altro discorso. Nessuno vi darebbe torto. Ci sono dei problemi e delle anomalie che anche i signori che scendono in piazza oggi, quando hanno governato non hanno corretto. Io per primo non amo leggere quotidiani che sono schierati a destra o a sinistra, un quotidiano dovrebbe informare, non tifare per uno o per l'altro. E infatti il rapporto freedom house per la libertà di stampa ce lo comunica..ma state tranquilli..ci comunica anche che a livello di libertà civili e politiche siamo un paese libero..fate sogni sereni..siamo fortunati ad avere la libertà che abbiamo...pensiamo a quelli che vivono veramente sotto dittature che ancora oggi spediscono i dissidenti nei campi di concentramento...non scherziamo sulla libertà ragazzi...
lunedì 28 settembre 2009
Il trionfo dei liberali in Germania
Guido Westerwelle,leader del partito liberale tedesco,fdp,trionfa alle elezioni politiche ottenendo il 15% dei voti e governerà con la Cdu della Merkel. Westerwelle ha subito detto ai suoi sostenitori: "Vogliamo governare la Germania per avere un sistema fiscale più equo, un miglior sistema dell'istruzione e per fare in modo che i diritti dei cittadini siano rispettati". Vuole ridurre la pressione fiscale di 50 miliardi e vuole ottenere riforme decise a ridurre i costi sociali. In Germania le aliquote fiscali variano dal 14% al 45% e il partito liberale vuole ridurle in tre semplici scaglioni con 3 aliquote: 15,25,30%. Vuole fare la maggior parte di tutte quelle riforme già invocate in miei precedenti post che non sto qui a ripetere. Con la speranza che la Merkel non crei problemi e con la speranza che Westerwelle possa riuscire a imporsi per fare la rivoluzione liberale in Germania, auguro a lui e a tutta la Germania tutta la felicità più possibile per l'esito di queste elezioni e auguro loro di vivere una vera rivoluzione della libertà.
venerdì 25 settembre 2009
La tristezza del G20 di Pittsburgh
BOCCIATI
Fallimento. Bancarotta. Populismo sterile. Incompetenza. Oppure sarà una cosa peggiore? Magari fra queste otto persone ce ne saranno pure due-tre che io stimo, per carità, per diventare gli 8 leader più potenti al mondo qualcosa bisogna pur fare. Fatto sta però, che c'è stata una crisi abbastanza impegnativa derivata dalle politiche di chi ci ha governato negli ultimi anni. E' chiaro che sarebbe una offesa all'intelligenza di voi che state leggendo questo post dire che la colpa della crisi è della Merkel,di Obama,di Berlusconi e compagnia bella: questo è falso oltre che stupido da dire. Però il punto è un altro. Il punto è che la crisi non è stata generata dalle loro politiche, ma sicuramente loro sono coloro che governano in questo momento. E da loro devono essere messe in atto le politiche necessarie per sconfiggere questo momento poco simpatico per tutti. Ho già espresso la mia opinione a riguardo: da buon liberale ritengo che la cosa migliore da fare, è quella di non fare nulla, o perlomeno di fare il minimo indispensabile, di fare quei piccoli interventi mirati che restituiscano la forza e la fiducia nella gente e che ci diano una piccola spintarella per ripartire. Poi, come è storicamente avvenuto durante tutte le crisi, sarà la gente a rimettere in moto il sistema, non di certo l'Obama di turno. Non ci vuole molto, è più semplice di quello che si pensa. Gli strumenti sono sempre gli stessi: defiscalizzare + liberalizzare + privatizzare. Bisogna resistire alle tentazioni di aumentare l'intervento dello Stato nell'economia perchè provocherebbe disastri non recuperabili. Per il momento, gli otto grandi della terra vanno bocciati. Bocciati perchè oggi a Pittsburgh hanno fatto il solito puro populismo: c'è la crisi?Diamo la colpa alla finanza!Diamo la colpa alle banche e ai manager che sono squali cattivi!Cosi il popolino, che ha la grave colpa di fregarsene delle cose, applaude! Applaude al mitico Obama che ci salva dalle banche...solite stronzate..oggi hanno deciso di limitare i bonus della finanza..mah...non vedo come limitare un bonus a un manager possa far ripartire l'economia mondiale...si fanno queste misure perchè non si sa cosa fare e perchè si vuole ingannare la gente...questa è la verità..ma come sempre, noi ce la caveremo..senza l'aiuto di questi signori...un suggerimento...andate a sciare la prossima volta..perchè se i vostri interventi per risolvere la crisi sono questi..è meglio che vi state fermi..!!
"Il miglior governo è quello che non governa affatto"H.D.Thoreau
martedì 22 settembre 2009
L'esempio di Reagan
Ancora una volta, e sono felice di farlo e lo rifarò ancora, vi parlerò di Reagan. Questa volta voglio farvi leggere ciò che Reagan ha scritto quando ha scoperto di essere malato di Alzheimer. Un esempio di forza e di ottimismo nel momento peggiore della sua vita.
Lettera agli americani, 5 novembre 1994, Ronald Reagan
Cari americani, mi è stato recentemente comunicato che io sono uno dei milioni di Americani che è afflitto dal morbo di Alzheimer.
Dopo aver saputo della malattia, Nancy ed io dovevamo decidere se come cittadini volevamo tenere questa notizia privata o se volevamo condividerla con voi. In passato Nancy ha sofferto di cancro al seno ed anch'io sono stato operato di cancro. Abbiamo constatato che raccontando di noi gli americani hanno preso coscienza del problema. Noi eravamo felici perchè come risultato molte più persone si sono sottoposte ai test preventivi.
Queste persone sono state curate ai primi stadi tornando cosi a vivere una vita normale.
Cosi, ora, sentiamo che è importante condividere questo con voi. Aprendo i nostri cuori, speriamo che tutto ciò possa portare ad una maggiore consapevolezza su questa tremenda condizione.
Al momento posso affermare che sto ancora bene. Ho intenzione di vivere gli anni che Dio mi lascia in terra facendo le stesse cose che ho fatto fino ad oggi. Io continuerò a dividere il viaggio della mia vita con la mia sempre amata Nancy e la mia famiglia. Ho progettato di gioire nello stare all'aria aperta rimanendo in contatto con i miei amici.
Sfortunatamente, il progredire del morbo di Alzheimer, fa si che spesso la famiglia debba sopportare un carico molto gravoso. Io spero solo che ci sia qualche possibilità affinchè Nancy non debba vivere questa dolorosa esperienza. Quando arriverà il momento io confido che con il vostro aiuto lei possa guardare alla malattia con fiducia e coraggio.
Vi ringrazio per avermi dato l'onore di potervi servire come vostro Presidente. Quando Dio mi chiamerà a casa sua, qualunque sia il momento, io partirò con tutto l'amore che provo per questo nostro paese e con l'eterno ottimismo per il suo futuro.
Ora inizierò il viaggio che mi condurrà verso il tramonto della mia vita. Sarà un lungo addio. Ma io so che per l'America ci sarà sempre una splendente alba davanti.
Grazie amici. Dio benedicimi. Con affetto
Ronald Reagan